SAHO – Cerimoniale del Saluto Karate Fudokan Ryu

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I Praticanti entrano dallo shimoza (lato in cui si entra) sul tatami (materassina) e ordinatamente si sistemano sul lato destro, al bordo del tatami di fronte al lato chiamato shimoseki di fronte al maestro, il quale resta in mezzo al tatami di fronte al lato chiamato kamiza (lato d’onore):

-generalmente su questa parete vengono appese le foto dei maestri capiscuola o della deità che si vuole onorare.

Il karateka con il grado più elevato, sempai, si pone all’estremità destra del dojo, seguito gerarchicamente dagli altri.

Tutti devono osservare che il loro karate-gi sia in ordine:

-in ogni caso il sempai dovrà controllare che tutto sia corretto

Gli Istruttori formeranno un’altra fila al lato, joseki, del sempai, mantenendo la gerarchia dei gradi:

-in caso di presenza del Caposcuola, la fila sarà formata esclusivamente da Maestri.

La posizione da assumere in ritsurei (in piedi) è musobi-dachi, con le mani rilasciate lungo le cosce.

Quando il Maestro si sarà girato nella direzione del kamiza e posizionato in zarei (in ginocchio) e gli Istruttori o Maestri avranno svolto, in sequenza progressiva, la medesima operazione rivolgendosi anch’essi (45°) verso il kamiza, il sempai ordinerà seiza (sedersi); iniziando dal grado più elevato, sempre progressivamente ci si accoscierà, portando il ginocchio della gamba sinistra poi quella destra verso il pavimento, fino a sedersi sui talloni (la pianta del piede rivolta verso l’alto, quindi i dorsi aderenti a terra):

-schiena diritta, testa eretta, mento leggermente verso il collo, sguardo diritto (non si deve osservare il pavimento)
-si porteranno le mani sulle cosce, con i gomiti leggermente piegati e ben vicini al corpo
-il dorso rimarrà leggermente inarcato, senza rigidità, glutei appoggiati sui talloni, ma la posizione dovrà dare l’impressione che queste due parti del corpo siano separate da un “foglio di carta”
-il tronco non si deve mai rilassare e sarà sempre ben appoggiato sul retto addominale. In dal modo si mantiene una tensione sufficiente a proiettare il corpo in avanti in caso di “attacco imprevisto”

E’ la posizione zazen (Roland Habesetzer)

-le ginocchia avranno una distanza di circa “due pugni” fra di loro
-le donne potranno tenere le ginocchia unite.
-dalla posizione zazen si incomincerà ad esercitare kokyu (respirazione)
-al termine del secondo ciclo di inspirazione, il sempai, scandirà il dojo-kun, e subito dopo, il mokuso (meditazione)

Il mokuso serve come preparazione all’allenamento:

-allontanare le preoccupazioni
-concentrare tutte le energie
-essere pronti ad affrontare una lezione che richiede concentrazione e forza

“Nella fase mokuso”, si svolgono dei veri esercizi di ki (chi in Cinese) che prende spunto dal pranayama (studio della respirazione che si allena nello yoga).

Serve anche per meditare sul dojo-kun ed esaminare se stessi sulla messa in pratica delle regole:

Salutare solo dopo avere modificato il proprio stato d’animo

Al termine del mokuso, il sempai, scandirà il vocabolo shomeni-rei, si inizierà a salutare inchinando il corpo verso terra, poggiando prima la mano sinistra poi quella destra ed abbassando la fronte fino quasi a toccare il dorso delle mani.

Le mani a terra formeranno una figura simile ad un triangolo (pollici ed indici corrispettivi sono uniti).

I praticanti, non devono avere fretta nel salutare, poichè, la tradizione vuole non si veda la testa del Maestro reclinata.

Sho-me-ni significa deità, quindi il primo saluto è rivolto alla figura divina in cui si crede.

Può essere rivolto verso gli avi, o i maestri che hanno divulgato la disciplina che si è scelta; ma se tutto questo può turbare l’animo del praticante occidentale, il saluto può essere rivolto verso la propria coscienza o qualunque fede esso sia più propenso portare rispetto.

Dopo l’espirazione, si riassume la posizione precedente, muovendo prima la mano destra, poi la sinistra.

Una volta che il Mestro è rivolto verso gli atleti e la fila degli Istruttori o Maestri è riposizionata orizzontalmente, al comando sensei-ni-rei si ripeterà il saluto reciprocamente, scandendo il caratteristico hai (da eseguire con il diaframma) del Fudokan; questo secondo saluto è una reciproca manifestazione di cortesia.

Il terzo saluto, è rispetto e ringraziamento da parte dei praticanti verso il Maestro e gli Istruttori che si prodigano per la crescita tecnica e spirituale, otagai-ni, ha un’ulteriore significato molto bello, aiutarsi.

La fila degli Istruttori o Maestri si volgerà verso il Maestro, eseguendo l’inchino e scandendo l’hai di rito.

Questo saluto ha la stessa funzione del secondo: reciproca manifestazione di cortesia fra Maestri, Istruttori e il Maestro o Caposcuola.

Quando il Maestro si sarà alzato, darà l’ordine del kiritsu (alzarsi) alla fila degli Istruttori o Maestri, i quali si alzeranni progressivamente e si metteranno in posizione musubi-dachi; successivamente si alzerà la fila del sempai.

Per alzarsi in modo corretto:

-sollevarsi fino a rimanere in ginocchio (senza aiuto delle mani)
-sistemare i piedi sugli alluci e alzare il ginocchio destro, con il piede a livello del ginocchio sinistro
-alzarsi portando la gamba sinistra in prossimità di quella destra ed assumendo musubi dachi.

Al comando del Maestro, avrà inizio la lezione.

Al termine della lezione la prassi sarà la stessa, con alcune differenze:

-non si eseguirà il dojo-kun, ma in ogni caso il mukuso

In questa fase il mukuso servirà a rlassare corpo e mente ed riaquistare le energie perse durante lo sforzo. E’ di determinante importanza la respirazione.

-quando la fila degli Istruttori e Maestri si volgerà verso il Maestro centrale, si eseguirà il saluto “domo arigato gozai maste” (solo in caso di Maestro Ospite)

-dopo che gli istruttori e Maestri si saranno alzati in piedi, all’ordine del Maestro la fila del sempai si alzerà di scatto portando la gamba sinistra in avanti mantenendo mantenendo il ginocchio destro a terra e con il kiai eseguiranno gyaku zuki

-verrà successivamente dato il comando del kirutsu e tutta la fila si alzerà, sempre progressivamente in piedi, e solo dopo comando o cenno del Maestro la lezione sarà terminata.

In molti dojo viene utilizzato il termine oss (haio gozaimasu); la differenza fra oss e hai, è puramente formale:

-il primo è un saluto amichevole e va bene fra i nuovi praticanti
-il secondo è un saluto più “rispettoso” e adatto agli adepti di grado più elevato, sicuramente va adottato fra Maestri e Ospiti presenti nel dojo.

La pronuncia hai (non l’ideogramma) ha doppio significato:

-il primo è sì (è così)
-il secondo è cenere

“se abbiamo la cenere sul capo all’umiltà, con cui dobbiamo entrare in un dojo , al sì, è così, con cui si esprime il saluto e il consenso di aver capito le spiegazioni, potremmo comprendere meglio quali affinità vi sono fra Arti Marziali e Filosofia Zen”

Quando dico hai, è come se il mio pensiero dicesse sì, è così, accetto e rispetto la tua spiegazione che cercherò di mettere in pratica.

E’, la caratteristica orientale:

-concentrare, sintetizzare il tutto in una frase, in una parola, in un aneddoto, in una parabola
-attraverso questo metodo, da un vocabolo scaturisce un libro, da una parabola un insegnamento
-è un metodo che da la possibilità di far scattare l’intuizione o ancor più l’illuminazione

L’intellettualismo occidentale molte volte serve a perdersi nei meandri della mente e a creare confusione e ansie.

“L’accesso” a questa metodologia filosofica orientale, non è per tutti, occorre passione, volontà e forse chissà, anche “predisposizione”.

Il saluto “in piedi” verrà utilizzato ogni volta saremo di fronte al nostro compagnpo di allenamento per eseguire delle tecniche di combattimento, oppure in gara, durante il kumite, prima e dopo l’esecuzione di un kata.

L’etichetta vuole anche, che non ci si sieda in modo scorretto nel dojo.

Il modo corretto sarebbe quello di sedersi in zarei, ma siccome, in special modo per i principianti, tale posizione è difficile da mantenere, è sufficiente sedersi a gambe incrociate, o in posizione composta.

Il karate-gi deve essere bianco, e il nodo fatto secondo l’etichetta del karate (musubime-obi).

Il bianco è sinonimo di purezza, il praticante si veste di un abito che deve, non solo esternamente, ma anche interiormente mantenersi bianco, senza impurità.

E’ un’iniziazione, tecnica e spirituale, ma anche un ritorno storico della nascita del karate di Okinawa dove i praticanti erano pescatori vestiti di bianco.

L’etichetta nel comportamento dei praticanti del Fudokan, è di importanza primaria, così come in tutte le discipline Orientali, tanto che nelle competizioni il saho, fa parte nella valutazione per il punteggio.

 

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Michele Julitta

Maestro 8° Dan di Karate Shotokan/Fudokan ryu, Arbitro Internazionale, Maestro di Phisical Fitness e Body Building, Co Direttore Tecnico EUNKA. Negli anni ha pubblicato più di 130 articoli su vari giornali tra i quali: Samurai, Bushido e Sportivo!